Oramai a Napoli e dintorni, come ti muovi muovi, tutto rema contro la vita, intesa questa come benessere, bellezza, speranza.
A parte la "munnezza" di cui tanto si è detto, a parte la povera mozzarella di bufala, ci si mettono tutta una serie di traffici illeciti a rendere sempre più marcio quel territorio: da ultimo, ho sentito parlare della produzione del pane, altro business controllato dalla camorra, che riesce a rendere persino questo alimento così semplice e sacro un concentrato di veleni.
Assistiamo quindi a bestie che si accasciano sui campi, persone che si ammalano, in un paesaggio in cui solo chi ci è nato può viverci, perchè nessuno migrerebbe mai lì.
Alla domanda "Che cosa si sente di dare a Napoli, considerate le condizioni tragiche in cui versa la città?" Valeria Parrella, giovane scrittrice di Torre del Greco, ha così risposto:
"Un figlio è il contributo che mi sento di dare alla città", essendo diventata mamma lo scorso gennaio.
Ho trovato tale risposta semplicemente meravigliosa, sublime:
cosa ci può essere di meglio di una nuova vita, di un piccolo essere incontaminato (mai aggettivo fu più adatto), per poter ricominciare, per poter bonificare, purificare il marcio di quelle terre? Una nascita di un bimbo è tra i massimi segni di speranza, come un verde filo d'erba su un terreno bruciato, un gesto di coraggio di una mamma che non fugge di fronte al disastro.
mercoledì 23 aprile 2008
martedì 22 aprile 2008
Tempo di papaveri
Adoro i papaveri. Un pò per il colore, rosso, il mio preferito. Un pò perchè, a differenza della maggior parte dei fiori, non ha una forma rigida, predefinita, statica, ma cambia in continuazione grazie ai petali morbidi e docili all'aria. Ecco allora che somiglia ad una donna dai capelli sciolti, succubi del vento, ma mai spettinata, una donna sbarazzina, spensierata, cangiante, ma pur sempre libera.
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