mercoledì 23 settembre 2009

Cronaca di uno schianto

Crepuscolo inoltrato, non c’è nessuno per strada, tutti stanno cenando in questo paesino del Salento; imbocchiamo la strada deserta, ci avviciniamo all’incrocio con velocità sostenuta e sicurezza che tanto non gira nessuno a quest’ora. Un istante prima di occupare l’incrocio una vocina nel cervello mi consiglia di dire a mia madre di frenare, di andare cauta, ma quando mi attivo per muovere le labbra siamo già in mezzo all’incrocio, e la coda del mio occhio vede arrivare da sinistra una scheggia nera. Un altro istante, in cui faccio in tempo a chiedermi: “Che ne sarà di noi?”. Lo schianto. Improvviso, non preannunciato dalla classica frenata dell’ultimo istante, uno schianto e basta. La nostra auto slitta, ruota, si arresta contro il marciapiede. Un secondo di silenzio, forse due, e poi i pianti dei bambini, strazianti. I miei genitori sono bloccati dagli sportelli che non si aprono più, io cerco disperatamente i miei occhiali schizzati via, senza i quali non posso verificare lo stato dei miei figli seduti dietro. Li trovo finalmente ai miei piedi, li infilo, scendo ed apro la portiera di dietro, afferro in braccio il piccolo, tiro via il grande, intorno a noi donne che ci vogliono offrire un bicchiere d’acqua, i miei pure svicolano via dall’auto, ci guardiamo, in silenzio.
Mi avvio con i bambini verso casa, mentre mio figlio più grande chiede: “Mamma, perché è successo questo?”.


N.B.1 Nessuno si è fatto male, a parte un paio di lividi sulle braccia e un arrossamento della pelle intorno all’angolo esterno dell’occhio causa urto. Gesù, grazie.

N.B.2 In episodi del genere, la dimensione temporale acquista una risoluzione molto fine, la tua vita si snoda su frazioni di secondo infinitesime: in un pugno di istanti osservi, temi il peggio, ti schianti, vivi l’inferno, risorgi.

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