lunedì 24 ottobre 2011

Recensione del 9 agosto 2011

Non mi è piaciuto; la Tamaro mi ha un po’ stancato con questi racconti di vite tormentate narrati come se il protagonista (la scrittrice?) si trovasse sempre in una continua fase mistica, iniziata nei precedenti romanzi. Reiterati interrogativi su Dio e il suo significato, sul senso dell’amore, del male, della morte; tante domande buttate continuamente lì, senza apparente risposta, almeno per me. Il tutto calato in un contesto naturalistico, cioè con immancabili descrizioni di flora e fauna caratterizzanti l’ambientazione del romanzo, probabilmente da imputare all’habitat abituale della scrittrice, un casale vicino Orvieto. La Tamaro insiste, inoltre, nel sottolineare l’importanza del silenzio nella nostra vita, importanza già ampiamente espressa nei suoi precedenti testi, e che tra comunque comprendo appieno.

Tuttavia, come certi cantanti che, cantata la prima canzone di successo non riescono in seguito a uscire dallo “schema” della stessa, la scrittrice mi sembra non riuscire più a creare un’opera veramente nuova, coinvolgente, piacevolmente insolita, un’opera che non riprenda più il vecchio motivo. Di conseguenza, la Tamaro mi annoia.

Voto da 1 a 10: 6

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