Festival Internazionale del cinema di Roma, edizione 2013,
tra i film fuori concorso vado a vedere
“Il venditore di medicine”, di Antonio
Morabito.
Non voglio dilungarmi sul tema trattato, in quanto trattasi
della solita melma italiana, cambia solo il contesto, ma sempre melma è. Ho
capito invece, con questo film, l’importanza del direttore della fotografia, cioè la responsabilità che ha nel
conferire il mood del film, e nel trasmettere emozioni.
Sono ignorante in materia, ma vedere Claudio Santamaria che
cammina lungo un corridoio illuminato al neon (luce fredda), in controluce,
quindi mezza figura nera, ma con delle proiezioni del volto intermittenti dovute
alla luce proveniente dalle stanze laterali lasciate aperte, mi ha messo l’ansia.
Luci fredde, grigi, bianchi, colori metallici, mai uno
sprazzo di calore, un alleggerimento, mai, tutto cupo sino alla fine, e d’altra
parte che esistenza vuoi che abbiano, le persone dominate dai soldi e dal
potere?
Consiglio vivamente questo film, punto primo perché è ben
fatto, a mio parere, e ben recitato da
tutti, anche da Travaglio, punto secondo perché fa capire che il male genera il
male, che l’Italia è un Paese marcio, terra sterile, bruciata, dove tuttavia,
se ti pieghi bene, vedi delle piccole piantine che cercano disperatamente di
crescere: giovani, speriamo in voi, tenete duro, e affermatevi nell’onestà, per
tutti noi, e per voi.
Voto: 8/10
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